C’ERA UNA VOLTA L’ORIENTE di Pico Iyer
Ogni volta che Oriente e Occidente si incontrano nasce una nuova danza, fatta di fascino e sfida, seduzione e confronto, un’innata curiosità per l’ignoto, una proiezione delle proprie illusioni verso lo straniero con un giusto pizzico di calcolo e di innocenza. Così Pico Iyer descrive l’incontro di due grandi culture, personale analisi di un lungo viaggio attraverso l’Asia negli anni ottanta, due mondi così estranei che combinati tra loro possono rivelare insoliti effetti. Due realtà in continuo mutamento e movimento, legate alle tradizioni senza essere più quelle di una volta, proiettate con lo sguardo al futuro ma con l’orecchio teso ad ascoltare ancora i ricordi del passato. Pico Iyer rappresenta la perfetta combinazione di scrittore e giornalista, curioso, obiettivo e passionale narratore; con la semplice descrizione dei fatti è in grado di metterci di fronte alle trasformazioni di due mondi e due culture che si riconoscono, si accarezzano ma non si incontrano mai realmente. Il panorama che offre Iyer è quello di un popolo che sta assorbendo usi, costumi, modi di vivere, di pensare e di parlare del nostro mondo occidentale; l’impressione è quella che questo assorbimento avvenga però con prudenza e un certo scetticismo, senza permettere a una cultura di dominare mai veramente sull’altra ma, di rappresentare sempre una forte attrattiva. Con la capacità di mettere tutto in discussione, l’autore analizza quanto dell’occidente è stato assorbito dai Paesi asiatici citando esempi che spesso si rivelano tanto veritieri quanto grotteschi.
Sull’isola di Bali turismo e paradiso sono caratteristiche innegabili quanto incompatibili perché più rapidamente i paradisi seducono i turisti, tanto più rapidamente i turisti riducono i paradisi. Il Tibet, considerato il regno sul tetto del mondo, sta lentamente scomparendo dando l’impressione di esistere solo nell’immaginazione dei viaggiatori che qui approdano e sembrano sentirsi in dovere di camuffarsi in gente del luogo. In Nepal si vende il Paradiso, quello legato agli accessori spirituali, un grande magazzino a prezzi economici, ancora più conveniente della vicina India. La Cina porge una volta la mano destra e una volta quella sinistra, senza sapere l’una dell’altra; ha aperto le porte al mondo ma all’Occidente concede solo appuntamenti al buio. La Birmania vive da sola come una vecchia zia e ci si scorda spesso di andarla a trovare. l’India è rappresentata da un’industria cinematografica che è il modello per eccellenza di un sistema produttivo di massa. E così prosegue il viaggio di Iyer, dalla Thailandia alle Filippine fino al Sol Levante, lasciando a casa convinzioni e certezze per aprire la mente a meraviglie, valori e problemi normalmente ignorati, per compiere un viaggio in stati d’animo, mentalità e passaggi segreti.
I cambiamenti avvenuti negli anni e una dettagliata analisi razionale farebbero pensare alla conquista occidentale dell’Oriente. Invece la scoperta più grande, non solo per l’autore, è che nessuno dei Paesi visitati sarà mai completamente trasformato dall’Occidente. La cultura e la spiritualità asiatiche sono troppo profonde per essere spazzate via da venti economici provenienti da ovest. Il sospetto è che sia l’Oriente a muoversi verso l’Occidente e non viceversa. Pico Iyer, di origine indiana, nasce in Inghilterra nel 1957. Si laurea a Oxford e poi ad Harvard. Collaboratore della rivista Time, ama scrivere e viaggiare, è uno dei migliori esponenti della narrativa postcoloniale che molto ha contribuito alla rinascita della letteratura inglese.
Recensione di Paola Pedrini
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