AMERICA PERDUTA di Bill Bryson
Questa non è una recensione scritta d’istinto, a sensazione: è ragionata, ponderata e lasciata decantare per un bel po’ di tempo. Io amo Bryson, è l’unico che sia mai riuscito a farmi ridere sguaiatamente con in mano un libro, ma America Perduta mi aveva lasciata un po’ perplessa, “carino” era il massimo che potevo dire. Non mi aveva convinto. Adesso capisco perché.
L’essenza di America Perduta l’ho colta solo dopo aver attraversato fisicamente quel continente, aver parlato con quegli americani dei paesini sperduti in mezzo al nulla che magari non vedono un forestiero per mesi. E l’ho riletto, e riletto ancora, e su quelle strade il primo racconto di viaggio dell’autore di Des Moines, quella “mecca di mondanità internazionale per gli standard dell’Iowa”è diventato la mia coperta di Linus letteraria. Non resisto, continuo a ridere. Ed è proprio la stravaganza mista a una normalità disarmante che fa degli Stati Uniti quello che sono. Iper gentili (a quanto pare nel New Hampshire lo sono in maniera inquietante), adoratori di souvenir trash, abitatori di città in cui non ci sono supermercati ma negozi di Ralph Lauren. Ma per spiegarli dovrei trascrivere il libro. Piacevole per chi non c’è stato, divino per chi si è messo in macchina sulle strade americane. Ha inoltre il plus di poter essere aperto a caso, letto a pezzi e apprezzato anche così. Non posso farci nulla, adoro Bill Bryson.
Recensione di Paola Annoni