DESTINAZIONE AFGHANISTAN di Marco Deambrogio
Bastano i posti di blocco di guerriglieri armati, la paradossale burocrazia statale (non solo straniera), l’aggressività alcolica di chi vive di stenti o le tempeste di sabbia per fermare Marco Deambrogio con un obbiettivo preciso in testa? Ancora una volta no. La sua è un’idea ben precisa, come dice il titolo stesso, Destinazione Afghanistan (Sperling & Kupfer, pp. 237, € 17,00), per portare un messaggio di pace all’ospedale di Emergency di Kabul attraversando la fredda e sterminata Russia, ovviamente in moto. Lo stile di viaggio è lo stesso del giro del mondo: lucido ma incosciente, sembra sempre che “l’aiutati che il ciel ti aiuta” valga più per lui che per gli altri. L’unica guida per lui resta solo l’istinto, accompagnato da entusiasmo e da una grande fiducia nei confronti del prossimo, sempre più difficile in paesi in cui la vita delle persone ha ben poco valore.
Il lungo cammino attraversa le impraticabili strade di Russia, Uzbekistan, Kazakistan per arrivare nel martoriato Afghanistan: non senza difficoltà o problemi: la sua “bambina” ha già 58000 km alle spalle, sono terre poco battute e gli incontri non sono sempre con benintenzionati. La forza motrice che, però, lo spinge ad andare avanti, sono la gioia di viaggiare, il suo riuscire a bastarsi da solo e la voglia di non fallire agli occhi dei volontari di Emergency, che rischiano la propria vita ogni giorno per combattere l’orrore della guerra e salvare vite umane.
I toni cambiano solo con l’arrivo a Kabul: tutto sembra essere avvolto da una fitta nube grigia di angoscia e tristezza. Perde quella voglia di affrontare sorridendo ogni disavventura, anche per lui è impossibile sentirsi in pace col mondo, in un posto in cui la pace è solo un vago ricordo. Si percepisce la delusione di chi scopre che la realtà è completamente diversa da quella raccontata dai telegiornali: “nessuno sta ricostruendo nulla, nulla è stato fatto per questa gente, il popolo vive ancora di stenti, nel terrore, e le donne sono ancora schiave di un rito antico”. Con le sue parole riesce ad aprire una finestra sul mondo senza scatenare inutili accuse. La verità purtroppo, è sempre una sola: le missioni di pace non si fanno con le armi.
Il libro è scorrevole, come sempre l’autore riesce a far sentire il lettore parte integrante del viaggio e compagno della sua solutidine. Bastano queste poche parole per descrivere un’incredibile avventura? No, bisogna leggerlo tutto d’un fiato. Inoltre autore ed editore si impegnano a versare 50 cenesimi di euro a emergency per ogni copia venduta: un motivo in più per averlo.
Recensione di Paola Annoni
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